venerdì 6 aprile 2007

la neve cos'è veramente? io penso...

mi sono sempre chiesta da dove venisse la candida neve e voi? be la mia fantasia ha scelto di correre su fili dorati, affrontare pendii tortuosi e ora credo che....Tanto tempo fa, una giovane ragazza di nome Martina, la cui traduzione era leggiadra, viveva in una piccola casetta di uno sconosciuto paesino.Era un paesino talmente piccolo, che neppure un nome poteva essere dato, considerato, appunto dispregiativo chiamare una città così piccola.Barbara sembrava davvero una principessa leggiadra, con i biondi capelli lunghi sulle spalle, due occhi colore dell'oceano e un sorriso attraente e affascinante.Anche il suo cuore sembrava essere puro come il suo aspetto e aiutava sempre tutti ovunque il suo aiuto fosse richiesto. Quantunque si possa immaginare, davanti a tale bellezza, moltitudini di ragazzi si recavano da lei per chiedere la sua mano. Non troppo sicura di quello che veramente era, lei, rifiutava invano i mille e più ragazzi d'ogni dunque.Un giorno, con un vaso sulla testa, si stava recando al lago per prendere dell'acqua per la sua famiglia. Per un viale molto stretto camminò. Passava sotto bellissimi alberi fioriti di boccioli di pesco, dal profumo intenso ma allo stesso tempo dalla fragranza delicata. Con una mano tenne il vaso e con l'altra si allungò a prendere uno dei bellissimi boccioli e lo mise fra i suoi capelli colore del sole. Poi prese un lembo del suo abito lungo, ma fatto di stracci, e posò sul sentiero la brocca cogliendo qualche lampone rossissimo. Ripreso il vaso continuò a camminare, ma data la sua grande dolcezza fermò ogni movimento, e tirando su lo sguardo ammirò le nuvole, che sembravano essere così soffici. Per un momento volle dimenticare ogni regola e protese le sue braccia verso quelle spumeggianti formazioni che sembravano di panna. Quasi come le volesse assaggiare. Poi tornò al presente e andò avanti per la sua strada.Una volta arrivata al laghetto si inginocchiò in prospettiva di questo, poggiò la brocca e i lamponi sul prato tutto d'intorno e protese le braccia verso l'acqua, che le scorreva fra le dita, e si bagnò la faccia.Prese l'acqua e appena rialzatosi sulle due gambe udì un canto.Un ricco e giovane cavaliere, in sella al suo cavallo di un colore baio scuro, cantava e si inneggiava davanti a uno specchio che con la mano sinistra teneva. Era talmente ricco che ogni orlo delle briglie del cavallo erano rifinite con minimi e dettagliati particolari d'argento, sullo sfondo d'oro. La sella era di pelle nera, di una pantera e con moltissime rifiniture incise. Il cavallo aveva una coda a onde e alla criniera folta e scintillante, nera mille e una treccina. Il ragazzo vide la fanciulla che lo fissava con aria disgustata e con un nobile e fermo gesto della mano frenò il cavallo. Per il brusco movimento il suo mantello rosso dai lembi e dagli orli si gonfiò e per dieci secondi smise di fissare la sua immagine allo specchio. Chiese la fanciulla il nome che con tono piuttosto nervoso e disgustato rispose: Martina ma suppongo che un nobil cavalier quale sei non abbia tempo da perdere con una tal ragazza comune che quattro straccia ha per se. Così, il cavaliere, già invaghito dalla sua bellezza e prostratosi davanti alla sua determinazione, decise che la voleva come sposa. Per lui era cosa assai normale pretendere fanciulle belle e ricche ma questa non volle nemmeno più ascoltarlo che fischiò e una folata di vento imperversò in mezzo alle mille foglie che si alzavano e velocemente un cavallo con un corno a tortiglione d'oro, gli zoccoli, la coda e la criniera di questo materiale corse dalla fanciulla che balzò in sella e scappò via. Il giovane tentò di inseguirla ma quel cavallo sembrava fare a gara con il vento. Così, il giovane, pensò che se Barbara non voleva stare con lui era un suo problema ma doveva pagare poiché nessuno doveva osare un rifiuto. Così, scese da cavallo, si recò al laghetto e si specchiò e, compiaciuto per la sua bellezza balzò in sella al suo prode destriero e lanciandolo in un galoppo impazzito si recò al tempio degli dèi. Entro nel tempio dalle pareti blu e cominciò a dire: io quasi son degno di essere uno di voi! Collera che mi avvolge, solo collera, non accetto un rifiuto di chi mi sono invaghito e prego ora la punizione di Barbara, perchè se non la potrò avere io, nessuno l'avrà. E corse via in sella al nobil cavallo. La dea invocata, Afrodite, avrebbe esaudito le sue preghiere e stava preparando una punizione lodevole.Colse il giovane principe davanti allo specchio, a lodarsi: oh ma quanto son bello, se potessi mi invaghirei di me stesso, nessuno può resistermi e dovrei essere io il deo della bellezza. Afrodite, dea della bellezza, al quanto permalosa si infuriò e con tutta la rabbia che aveva in corpo chiamò una fenice, si mise a cavallo su di essa e fece irruzione: lampi e tuoni squarciarono il cielo, risonanti rombi inneggiavano nella notte. Il sole spuntò, la grandine scendeva grande come palloni da calcio, una tempesta imperversava, terremoti fecero sobbalzare tutti che dalla terra tremante volevano scappare, ma non sapevano dove. Onde si sparsero per il mondo. La dea scese dalla fenicie e con l'alzare di una mano provocò un uragano e si rivolse al principe: tu!tu! Maledetto devi pagare! Le tue preghiere non saranno mai, perchè i tuoi atti di superbia erano già troppo ma l'essere un dio, e al mio posto non ti sarà mai perdonato! Così chiamò Martina e aprì le mani, scese una palla di cristallo da cui si vedeva la richiesta del principe e poi le conseguenze che avevano portato all'ira Afrodite. Così la dea innalzandosi al cielo gridò: tu, Martina, volevi sapere cosa fossero, come fossero e che sapore avessero le nuvole? E adesso io castigo il bel principe a rispondere alla tua domanda e così diverrà nuvole, e ogni goccia di lacrima che cadrà sarà un candido fiocco di neve, acqua ghiacciata, come il suo cuore e le lacrime che piangerà saranno talmente amare, che una volta sul terreno non si scioglieranno facilmente ma saranno per tanto tempo fino allo spuntare del nuovo sole! Le lacrime saranno amarissime pure quando ti vedrà, perchè ti metterò accanto un uomo bello e che ti ami, Martina! La ragazza stupita della cattiveria e della punizione, nonostante la superbia del ragazzo, era buona e lo volle aiutare: Afrodite( e fischiò e il suo unicorno arrivò) ti regalerò l'unico unicorno sulla terra ma riduci in pena il poveretto! Così rise e si portò via l'unicorno, e castigò il ragazzo a piangere neve ma non amara, e la ragazza, per la troppa bontà, a diventare brina, che dopo una nevicata appare.